Giustificato motivo oggettivo: riassetto organizzativo per ridurre i costi

Il licenziamento può avvenire per giustificato motivo o per giusta causa.
La nozione di giusta causa è rinvenibile all’interno dell’art. 2119 c.c. mentre la nozione di giustificato motivo nasce all’interno dell’art. 3 l. 604/66.
In primo luogo è necessario attuare una differenza tra giustificato motivo soggettivo e giustificato motivo oggettivo. Il primo riguarda un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore.
In questo caso sono i contratti collettivi ad individuare le infrazioni che possono dar luogo al licenziamento.
Il secondo tipo di giustificato motivo, quello oggettivo, si realizza quando vi siano ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa. In questo caso non si configura un inadempimento del lavoratore ma un interesse dell’impresa.
In buona sostanza sul diritto alla conservazione del posto di lavoro prevale l’interesse primario dell’impresa e non, ovviamente, quello dell’imprenditore.
In merito al giustificato motivo oggettivo la giurisprudenza della Cassazione (ex multis Cass. civ. sez. lav. n. 11465/11) è costante nel ritenere che tale forma di licenziamento, determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, è scelta riservata all’imprenditore sicchè essa, quando sia effettiva e non simulata e pretestuosa, non è sindacabile dal Giudice quanto ai profili della sua congruità ed opportunità.
Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento deve ricondursi anche l’ipotesi del riassetto organizzativo dell’impresa attuato al fine di una più economica gestione di essa, deciso dall’imprenditore non semplicemente per un incremento di profitto ma per far fronte a situazioni a sé sfavorevoli, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva tanto da imporre un’effettiva necessità di riduzione dei costi.
In questo contesto si inserisce la decisione in commento.
Nel caso di specie un lavoratore veniva licenziato ed adiva il Tribunale di Pordenone al fine di ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro.
Si costituiva l’ex datore di lavoro chiedendo il rigetto della domanda di parte ricorrente evidenziando la legittimità del licenziamento dovuto alla crisi del settore in cui operava la società.
Il Giudice, in linea con la giurisprudenza di legittimità, evidenzia che la lamentata crisi non deve essere di natura transitoria per integrare il giustificato motivo.
Il Tribunale rileva che nel caso di specie i bilanci indicano una consistente riduzione del fatturato negli ultimi anni e per tale ragione la società resistente ha proceduto ad una ristrutturazione consentita ex art. 41 Cost.
In aggiunta il Giudice mette in evidenza il fatto che il lavoratore licenziato non aveva una competenza tale da poter essere assegnato ad una mansione differente.
In conclusione il Tribunale rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di un terzo delle spese di lite.

Lascia il tuo commento

*